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Le radici della libertà. Per un’interpretazione del pensiero di Augusto Del Noce

sabato novembre 15, 2008

Per le edizioni Marietti è recentemente uscito un voluminoso studio dedicato ad Augusto Del Noce (1910-1989), uno dei pensatori italiani più originali del Novecento.
La novità della linea del volume s’intravede già nel titolo e, seguendo l’organizzazione dei quattro capitoli, s’intuisce sin dal principio che non si ha davanti una biografia, né uno studio ristretto esclusivamente ad uno dei diversi settori nei quali si svolse l’indagine delnociana, come il Seicento francese, l’ontologismo moderno, il neoidealismo italiano o il marxismo. Il volume è, infatti, una rilettura di Del Noce incentrata sul tema della libertà. Si riconnette quindi esplicitamente ad una linea interpretativa che ha visto nella riflessione sulla libertà il leit motiv della filosofia di Del Noce (Augusto Del Noce e la libertà. Incontri filosofici, a cura di C. Vasale e G. Dessì, Sei, Torino 1996).
Il senso dell’espressione “radici della libertà” è chiarito dall’Autore nell’introduzione al volume: il filo conduttore capace di legare settori di indagine così disparati può essere rinvenuto nella ricerca di un fondamento metafisico della libertà. Del Noce, stimolato dalle vicende politico-culturali degli anni Trenta, avrebbe intuito precocemente il tragico nesso tra attivismo e nichilismo presente nella cultura contemporanea e lo avrebbe ricondotto ad una identificazione della libertà umana con un ideale di “creatività” mutuato dalla tradizione teologica di matrice ebraico-cristiana. La libertà allo stato puro, intesa, quindi, come assenza di presupposti e pura attività auto-creatrice, si affaccia nella cultura moderna con la concezione cartesiana di Dio, che può essere fatta rientrare nei quadri di un “volontarismo teologico”. I problemi che presenta sul piano metafisico e teologico si ingigantiscono se essa viene traslata entro un orizzonte di pensiero immanentistico, come sembra avvenire nell’ambito di una particolare linea di svolgimento del pensiero moderno e contemporaneo che culmina, a giudizio di Del Noce, nel neoidealismo italiano. Attraverso questa premessa, necessariamente sintetizzata in questa sede, ma densa di profonde riflessioni che derivano da un bagaglio filosofico dell’Autore di notevole rilievo, si giunge alla identificazione della domanda di fondo della faticosa indagine delnociana: come riaffermare una concezione della libertà che possa riproporre -nel quadro del pensiero moderno- l’idea tradizionale del “libero arbitrio” quale risposta umana all’iniziativa creatrice divina?
La ricostruzione operata da Paris insiste sull’aspetto profondamente personale di questa ricerca, che egli invita a leggere come una tormentosa ricerca da parte di Del Noce di una conferma razionale della propria fede cattolica. L’interesse per la dimensione politica sarebbe scaturito, dunque, secondo questa linea interpretativa, dall’approfondimento della problematica personale di verifica dell’adesione al cattolicesimo. In definitiva, Del Noce andrebbe letto più che come pensatore “militante”, come testimone di un drammatico confronto tra cultura cattolica e dimensione politico-culturale contemporanea. Questa chiave di lettura risulta particolarmente evidente nel primo capitolo, L’inizio del percorso filosofico: la libertà del soggetto, in cui si scava nella formazione liceale ed universitaria di Del Noce -avvenuta nella Torino degli anni Venti e Trenta- nel tentativo di cogliere la particolare prospettiva nella quale il grande tema filosofico della libertà si è presentato alla sua riflessione. Lo scenario che si offre agli occhi del lettore è quello di un contesto culturale particolare: una Torino intellettualmente molto vivace ed aperta alle istanze ed alle sollecitazioni della filosofia europea, ma sulla quale inizia ad incombere la pressione ideologica del regime fascista. Cresciuto in un ambiente familiare di rigida tradizione cattolica, il giovane Del Noce, apparentemente, sembra tenersi lontano dalle tematiche politiche, quasi acquietato in un “afascismo” tipico di una larga parte del mondo cattolico. Nel suo intimo, al contrario, si va svolgendo un profondo travaglio. La sua acuta sensibilità nei confronti delle forme di violenza, comprese quelle morali ed intellettuali, lo invita a cercare il dialogo con Piero Martinetti, filosofo che allora esprimeva una forma molto particolare di idealismo, aperta ad una visione metafisico-religiosa improntata ad un forte dualismo tra dimensione empirico-storica e metafisica.
La filosofia come liberazione dal finito, dal male, e come ritorno all’Uno esercita sul giovane Del Noce un grande fascino ed è per lui come un banco di prova per il suo cattolicesimo. Il volume di Andrea Paris insiste sulla “fase martinettiana”, che culmina nel quinquennio 1936-41 ed incentra su di essa il periodo giovanile del pensiero delnociano. Per l’Autore, più che nella versione di Croce e Gentile, l’idealismo è affrontato e meditato in quegli anni da Del Noce attraverso Martinetti, autore nel 1928 di un volume intitolato La libertà, dove la concezione ebraico-cristiana del libero arbitrio veniva sottoposta ad una critica serrata.
Si arriva, così, ai due capitoli centrali del libro di Paris, imperniati sul problema filosofico del libero arbitrio, che viene affrontato da due punti di vista: da una parte l’approfondimento del cartesianismo e, dall’altra, il confronto con il “dualismo metafisico” di Martinetti. La tesi di laurea sul pensiero di Malebranche, sostenuta nel 1932, fornisce a Del Noce il materiale per una serie di saggi di approfondimento che pubblica tra il 1934 ed il 1945 e che confluiranno nel secondo dopoguerra nella grande opera Riforma cattolica e filosofia moderna (del 1965 e mai rieditata).
Ci si addentra, dunque, nella parte meno nota della produzione delnociana: un tortuoso percorso entro il dibattito sul cartesianismo iniziato nel Seicento e proseguito nel pensiero francese fino al Novecento. Agli occhi dell’Autore, Del Noce contribuisce a delineare una nuova immagine di Descartes come “filosofo della libertà”, in netto contrasto rispetto alle riletture del cartesianismo come inizio del razionalismo e dell’illuminismo moderno.
Meditando e approfondendo Descartes, Malebranche e Pascal, Del Noce va elaborando la sua risposta all’idealismo contemporaneo. Risposta che viene ricostruita nel terzo capitolo del volume, Ontologia della libertà e filosofia dell’esistenza, nel quale l’Autore vuole evidenziare i punti di contatto tra Del Noce e pensatori che allora riflettevano su temi analoghi, come Pareyson e Marcel. Emerge un quadro notevolmente complesso: il pensiero delnociano si muove tra ontologismo ed esistenzialismo cercando di costruire una filosofia della contingenza radicale, interamente sospesa sul confronto tra libertà divina e umana.
L’ultimo capitolo, Intellettuali, senso comune e crisi politica, si concentra sulla dimensione socio-politica di Del Noce, attraverso l’analisi dei suoi primi scritti -in parte rimasti allora inediti- che negli anni Quaranta lo rivelano interprete della realtà italiana. Egli, infatti, tenta di comprendere il senso del dramma che l’Italia viveva allora: il crollo del regime, il ruolo degli intellettuali ed il rapporto con il “senso comune” del popolo italiano. È lo stesso Del Noce che vive l’esperienza della sinistra cristiana di Rodano e Balbo, ma che finisce per non aderire al loro movimento.
Il proposito di Andrea Paris è quello di ricostruire i sottili fili che legano le indagini politiche con i precedenti studi più strettamente filosofici, mostrando e dimostrando in questi l’origine dei giudizi particolari e “controcorrente” che Del Noce inizia a formulare allora e che lo renderanno un pensatore “scomodo”, non interamente allineato né alle posizioni cattoliche, né laiche. Accettando il rischio di incomprensione e di solitudine, dunque, Del Noce proseguirà nella sua strada di un’interpretazione “filosofica” della realtà politica contemporanea, persuaso che al di sotto degli eventi storici si giochi una partita decisiva: la scelta tra il recupero di alcune “virtualità” ancora vive ed attuali della grande tradizione filosofica classica oppure una forma di autonomia che si traduce in negazione di ogni legame, con la tradizione, con il bene comune, con il fondamento ontologico, in una parola che si traduce in “solipsismo”.

Andrea Paris, Le radici della libertà. Per un’interpretazione del pensiero di Augusto Del Noce, Marietti 1820, Genova-Milano 2008, pp. 302.
Roberta Fidanzia

Recensioni, Filosofia

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