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AGENSU :: Agenzia d'informazione telematica per la storia e le Scienze Umane

Fede cristiana in età normanna

martedì gennaio 23, 2007

Un esempio significativo della ricerca di corpi di santi da venerare, si può trovare nella storia della vita, dei miracoli e della duplice traslazione di santo Menna, scritta dal monaco cassinese, poi vescovo, Leone Marsicano e commissionata dal conte Roberto di Alife e Caiazzo, padre del più famoso conte Rainulfo. La vicenda c’introduce nell’atmosfera fideistica dell’epoca medievale della media Valle del Volturno.
Il conte Roberto si trovava a Caiazzo, nel 1093, intento a seguire i lavori per la costruzione della chiesa cattedrale di Santa Maria, quando incontrò l’abate di S. Sofia di Benevento e l’abate di S. Lupo. I due abati consigliarono al conte, interessato a rinvenire reliquie di santi per onorare le sue chiese, di ricercare in una chiesetta sul Taburno presso Tocco Caudio, il corpo dell’eremita del Sannio, santo Menna. Scrive il monaco cassinese che il conte, con i due abati, si recò ad Alife e subito dopo a Telese, quindi proseguì per il Taburno chiamando a sé uomini armati di Tocco Caudio e, finalmente, si recò alla chiesetta. Dopo un primo sconfortante fallimento, attente ricerche permisero di rinvenire, con somma gioia di tutti, le spoglie mortali di Menna. Senza indugio le reliquie vennero trasportate a Caiazzo.
Le spoglie riposarono a Caiazzo dapprima nella cattedrale e per qualche anno nella cappella del palazzo del conte, ma il vescovo caiatino non diede seguito agli impegni che pure aveva assunto. Verso il 1105 le reliquie vennero trasferite, con grande partecipazione di folla, a Sant’Agata de’Goti, prima nella cappella del conte, poi, definitivamente, nella basilica di S. Menna, nel frattempo fatta costruire dallo stesso conte Roberto, definito uomo strenuo e devoto. Lo stesso conte preso da una forte febbre, tre giorni prima della festività del santo, si recò ammalato ad Airola e di lì alla basilica di Sant’Agata, dove ottenne la provvidenziale guarigione.

Tratto da: A. Gambella, Fede medievale nella Valle del Volturno al tempo dei normanni ‹http://www.storiadelmondo.com/1/gambella.fede.pdf› in Storiadelmondo n. 1.
Angelo Gambella

Testi,

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La Fiera di Troyes del 1265

mercoledì gennaio 3, 2007

Il nervosismo dei commercianti senesi, fra moneta e merci varie, verso la conclusione della fiera di Santaiuolo.

La fiera di Troyes, che si svolgeva dalla metà di settembre alla fine di ottobre del 1265, si avviava alla conclusione. I mercanti senesi erano nervosi, il bilancio in quel momento, era decisamente negativo: le spezie orientali non si vendevano. Qualcuno cercava di convicere ad un buon affare gli inglesi. Di solito si tornava con le stoffe di Fiandra, ma se non arrivava il messaggero con notizie sicure dalla Toscana, che si doveva fare?
Giacomino dava in prestito il denaro che aveva ricevuto a Provins, il secondo centro commerciale della Champange, e a casa, sua moglie, avrebbe ricevuto un paio di settimane dopo il controvalore dell'azienda del debitore.
E poi, in tutta questa confusione, come sbrigliarsi fra le monete? La Francia con le emissioni d'argento di Tours, Provins e Le Mans, L'Inghilterra e l'Olanda con le sterline, l'Italia e la Sicilia con le monete d'oro.
Tutto questo con una situazione politica europea molto, molto complessa...


Lettera di Andrea de' Tolomei, senese, a suo nipote, da Troyes nella Champagne, Francia. 1265.

Come indirizzo sull'epistola si leggeva ''Da consegnare a mano a messer Tolomeo, figlio di messer Giacomo, o ai soci''.

''In nomine Domini, amen. Letera per lo primo messo de la fiera di Troyes, in anni sesanta e cinque, fata domenica due dì isciente, e Domino Tolomeo e gli altri compagni, Andrea vo' saluta. E sapiate que li uomini di Siena, que sono in questo luogho in chomune messo al dietro de la fiera di Santaiuooo [3. IX] pasata. sichome soliono, und'io vi mandai uno fardelo di letere per lo Balza churiere di Siena: se no l'avete avute, si le procacciate d'avere...
Sapiate qied ebi una letera di Froderigho Doni, que divisò com'era gionto sano e salvo in Londra, e ch'aveva mandato uno messo a Coventry, il quale ancora non era tornato; e credo que, per bontià di domino Otobuono [Fieschi] chardinale e i deti di Coventry ne pagarono bene, se Dio piace: né più novele no n'o puoi avute. Dio qued'è signiore cie ne mandi buone sichome voi volete; e quando ne saprò più inanzi, si vel divisarò. E se voi no m'avete divisato quanta muneta pagharo i deti di Conventry de la conpusizione che feciero cho noi, si mel divisate, sichome v'abo iscrito per altra letera.
E rey d'Inghiltera (Enrico III) e misser Edoardo sono tuti signiori de loro paiese, sichome debono...
Lo meso de la merchantia non è anchora venuto. Dio ciel mandi con buone novele, que tropo è stato. E quando ci sarà, si vedrà le letare que ci mandarete per lui, e sopra ciò que divisarono, istarò intento d'adoperare ciò qued io potrò, que buono sia per voi.
Domino Simone [de Brion] chardinale prochacia quanto può di fare choliare lo dicino, que si die paghare per lo fato di re Charlo [I d'Angiò]; e credo que ne sarà cholto una grande qunatità di chie a la chandeloro presente (2. II), e credo que 'l deto rey ne farà molti vendare per avere la muneta a Roma e in Lombardia. E se ciò fuse, si pare, que'provesini [moneta di Provins) dovrebbero ravilare, e d'altra parte, le gienti d'esto paise que vengono in aiuto del deto rey, si credo que sieno ora in Lombardia, ed ano grando tesoro di munera e di chambiora cho loro; de la quale credo que vi dispenderano una grande quantità, si que tornesi [moneta di Tours] e chambiora vi dovrano esare a grande merchato, sichome v'abo divisato per alyra letera: e se vedete via di poterne trare utilità, si lo prochaciate di fare [...] ora. E diciesi que molta buona giente di questo paiese di die anchora crociare, per venire in aiuto di deto rey: no so sed è vero o no. Dio qued è signiore abbia veduto di farne quelo que 'l miliore sia di noi e di tut[...]ta.
Avere di peso ci a mala vendita, che no pareque cie se ne posa vendare niente, ed aciene asai. E pepe ci vale[...]nta e sei l. la charicha, e no si può vendare. Giengieva, da vinti e due d. in vintoto, sichom'è buona. Zaferano ci è stato ben dimandato, ed eci venduto víntí e cinque s. la l. e no cie n'à neiente, Cíera di Venesia, vintdí e tre d. la livra. Ciera dí Tunísí, víntuno d. e mezo. El compagnio de lo Schoto si ci à molto avere dí peso, e può avere denari; e sta ín mene di mandarlo in Inghiltera a vendare.
Isterlino, al chanbio, cinquanta e nuove s. la marca. Ariento di Friburgho buono, cínquanta e sete s. e sei d. la marca. Oro di Teri [moneta siciliana], dicienuove l. e diece s. la marca. Paliuola, sichom'è buona. Aghustari, xj s. l'uno. Fiorini valsero in Santaniuolo oto s. l'uno e uno d. più, per chasíone de la crociera, e ora no credo que si potesero vendere più d'oto s. meno tre d. Mansesi [moneta dí Le Mans] valiono quindicino, cioè i quíndící mansesi due s. di tornese. Muneta meflata, quindicino e mezo.
Voi non avete paghato a la moglie di Iachomino del Carnaiuolo diecie lire di senesi minuti, sichome vo' divisai de la fiera di Santaiuolo pasata, si le paghate, que sono per tre l. di provesini que ricieveti a mia avuta dal deto Iacomino; e scriveteli a mia avuta per la fiera di Santaiuolo pasata, perciò che li abo io per la deta fíera, e ubria'lo a scrivere ne la letera que vi lai del deto Santaiuolo. E se voi aveste fato dare lo chamelino, que vi divisai, a la deta molie di Iachomino, si mel divisate que ne farei paghare quelo que mí divisaste: ed Eli ne sta a speranza qued ela abia avuto lo deto chamelino. Perciò se voi no le l'aveste fato dare, sì lo faite, se a voi pare, e divisatemi qelo que chostase...''.


Ed.: Lettere Volgari del XIII secolo scritte da Senesi, a cura di C. Paoli e E. Piccolomini, Bologna, 1871; cfr. A. Birst, Forme di Vita nel Medioevo, Napoli, 1988.
Angelo Gambella

Testi,

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Il concordato di Worms

mercoledì gennaio 3, 2007

Il concordato di Worms (23 settembre 1122)

La "Lotta per le Investiture" il lunghissimo conflitto fra il potere temporale e il potere spirituale, ovvero fra il Sacro romano impero e il pontificato romano, circa l'elezione dei prelati, si chiuse nella città di Worms con il famoso concordato fra l'imperatore Enrico V e il papa Callisto II.

Leggiamo un brano del precetto dell'imperatore e del privilegio del pontefice che misero termine alla disputa.

Enrico V imperatore
PRECEPTUM

In nomine sancte ed individuate trinitatis. Io ENRICO per grazia di Dio, imperatore augusto dei romani, per amore verso Dio, la santa Chiesa romana e il dominus papa Callisto e per la salvezza dell'anima mia, lascio a Dio, ai santi apostoli di Dio Pietro e Paolo, e alla santa Chiesa cattolica ogni investitura per mezzo dell'anello e del pastorale, e concedo he in tutte le Chiese situate nel mio regno o sotto la mia giurisdizione imperiale l'elezione sia fatta secondo i canoni e la consacrazione avvenga liberamente...
Concedo vera pace al pontefice Callisto, alla santa romana Chiesa e a tutti coloro che sono o sono stati suoi fautori; e presterò fedelmente il mio aiuto in quello che mi sia richiesto dalla santa romana Chiesa e renderò ad essa la dovuta giustizia per ciò di cui avesse a lamentarsi.

[Monumenta Germaniae Historica, Leg. sect. IV, Const. et Acta, to I, n. 107 (trad.)]

Callisto II pontefice romano
PRIVILEGIUM

Io Callisto, Vescovo, servo dei servi di Dio, a te diletto figlio Enrico augusto imperatore dei romani, concedo che l'elezione dei vescovi e degli abati del regno tedesco che si trovano sotto la tua diretta potestà, avvenga alla tua presenza senza però simonia e alcuna violenza. Se dovesse poi nascere qualche contrasto fra le parti, tu darai ragione e presterai aiuto alla parte migliore secondo il parere e la decisione del metropolitano e dei vescovi suffraganei. L'eletto riceverà quindi da te, con lo scettro, le regalie e renderà a te quanto è dovuto dalla giustizia.
Colui invece che sarà stato consacrato in altra parte dell'impero, entro sei mesi riceverà da te, con lo scettro, l'investitura delle regalie e adempirà a tutti gli obblighi che ne derivano secondo il diritto, salvi però tutti i diritti della Chiesa romana...
Concedo a te, e a tutti coloro che durante la presente lotta sono, o sono stati tuoi fautori, vera pace.

[Monumenta Germaniae Historica, Leg. sect. IV, Const. et Acta, to I, n. 108 (trad.)]
Angelo Gambella

Testi,

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